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  Volo Viaggio nella storia  

1846, di Guglielmo STEFANI

MONTEMERLO

Dalla parte orientale della catena inalza la petrosa fronte Montemerlo, uno dei leggiadri colli che formano quasi il diadema di Padova. Al principio del secolo XIII levava le turrite sue mura un forte castello che la famiglia Forzatè sceglieva a proprio ricovero e degli amici, in epoca di publico travolgimento. Il nome di fra Giordano Forzatè dell’ordine di san Benedetto segna un’epoca memorabile nella storia di Padova. Nell’aprile del 1239 dall’alto d’una tribuna, nel palazzo del comune tuonava la voce del frate infiammate parole di libertà, dinanzi un mare agitato di popolo; ma invano. Padova sorda alle sue parole, spaventato dal presentimento di quelle sventure che il fatale tiranno doveva più tardi versarle sopra in tutta la piena del suo furore, in mezzo alla politica bufera che sconvolse tutta la Marca si era resa suddita ad Ezzelino, più mostro che uomo. Frate Giordano riparava per buon tratto a Montemerlo; ma vinto colà dal pensiero della sua patria e dal pericolo che le sovrastava, tornò al suo monastero di san Benedetto. Cercava Ezzelino di abbattere le palme più eccelse affine di passeggiare solo ed assoluto signore, sulle teste agguagliate dei cittadini di Padova e deliberò di vendicarsi fra primi sopra l’umile benedettino nimico acerrimo del sacro impero e fautore caldissimo di libertà. Trattolo al suo castello, in una delle torri Zilie, il povero frate e l’altero tiranno si furono l’uno in faccia dell’altro. In quella scena compendiavasi tutto quel secolo di sangue: era la croce che dona pace e consolazione dinanzi la spada che spezza e consuma; Cristo irriso da Satana sovra il tempio di Gerusalemme. Fatto prigione fu da alcuni sgherri tradotto il Forzatè sul trivigiano nel castello di san Zenone, ma di là liberato prodigiosamente si rifuggì in Venezia presso i congregati eremiti della Celestia, ove piamente visse pochi anni e morì. Ora venerato fra i beati dorme il suo corpo nel Duomo di Padova.

Del castello di Montemerlo e della memoria di frate Giordano restano scarse vestigia. Il paese è squallido, sparso di pochi casolari, ricovero agli scalpellini che lavorano l’ottima trachite di cui sono ricche le viscere di quel colle.

Guglielmo STEFANI

 

 

Da: Strenna dei Colli Euganei (1846, a cura degli editori del «Giornale Euganeo» J. Crescini, G. Stefani – ripresa in I Colli Euganei (Bologna 1978, Riedizione anastatica, Atesa Editrice).

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