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S. ELENA

I bagni di S. Elena, distanti otto miglia da Padova e cinque dalle sorgenti di Abano, presero la denominazione da una cappellina quivi fabbricata nel 1596. Non si scopersero frammenti i quali possano indurre nella credenza che qui pure sorgessero in antico i pomposi edificii che decorano le terme aponensi. Scaturiscono le acque calde dalle radici di un monticello dissociato dalla catena. Chiamossi “Monte della Stufa” e ciò condusse alla congettura, che vi fosse un tempo un bagno a vapore, congettura da alcun documento bastantemente giustificata. Leggesi nelle vetuste carte dato codesto Monte dela Stufa in feudo ai da Carrara, quindi posseduto da Speronella de’ Dalesmanini, e ch’essa vi fabbricava uno spedale per la cura de’ poveri. Nel secolo decimoquinto cercò salute a questi bagni il celeberrimo Francesco Carmagnola capitano della repubblica veneta, del quale è famosa la pena e incerta la colpa. Ma solo nel secolo decimosesto incominciarono queste terme a rivaleggiare colle aponensi. Venute in proprietà della famiglia Selvatico, l’illustre medico e prof. Benedetto Selvatico, rifece nel 1648 la casa che sta a cavaliere del colle; e nel 1692 fu ristaurata quella che al piano accoglie i forastieri. Sul chiudersi del secolo decimottavo la stessa famiglia de’ marchesi Selvatico eresse nuove abitazioni sulla riva del fiume nel luogo detto Battaglia, distante un tre quarti di miglio dalle sorgenti, conducendovi l’onda salubre per sotterranei acquedotti. Fu disputato se le acque termali di S. Elena avessero la medesima potenza curativa, che le altre di Abano e de’ luoghi vicini, e fra le contrarie opinioni vinse quella che loro consente la stessa efficacia. Il calore delle sorgenti di S. Elena fa salire il termometro di Reaumur a gradi 54.
Il monte da’ cui fianchi scaturisce la medica polla gira 250 pertiche padovane e s’inalza piedi 170. Nel sommo s’allarga per oltre 60 pertiche occupate da un bene architettato palazzo. Sulla china dolcissima si praticarono due scale, una delle quali scende diritta e maestosa dal prospetto del palazzo ad un sottoposto giardino; l’altra minore digrada a lato della cappella di s. Elena, fino all’principale casa de’ bagni. La silicea natura del monte vinsero le industrie dell’arte e la vestirono colla utile verdezza dei vigneti e dei gelsi. Né le cure dell’agricoltura si ristettero alla sola cerchia del poggio; prorogate dalla operosità dell’attuale proprietario sig. Agostino Meneghini alla circostante pianura mutarono uliginose paludi in fertili campi, con vantaggio grandissimo alla salute degli abitanti ed all’amenità del luogo; cui le terme, i viali annessi, i prati adiacenti, il fiume che sottocorre, la collina che solitaria soprasta, e la casa magnatizia che in cima vi torreggia, danno congiuntamente mirabile varietà di pittoresca bellezza.

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A. Cittadella-Vigodarzere Guida di Padova 1842

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Del giardino sottoposto al castello e che serve da giardino allo stabilimento termale, così cantava, tremila anni or sono, una poetessa greca di nome Annita che forse si trovava qui a scopo di cura di qualche dolore reumatico:

”Passeggero, siedi su questa pietra per riposarti.
”Un soave venticello mormora verso di te attra
”verso il fogliame. Come è dolce al viandante 
”l'assidersi qui nel calore del giorno!"

[Da Viterbi Bona, I Colli Euganei nella storia e nella leggenda, 1911]

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