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1846, di
Giuseppe CARRARO
NOTIZIE GEOGRAFICHE STATISTICHE E NATURALI (1) I Colli Euganei formano un gruppo, apparentemente
isolato dai prossimi Berici e dalla meno prossima catena delle Alpi,
situato a libeccio di Padova, dalla quale i più vicini dei colli, come
sarebbero Montecchia e Monterosso, distano poco più di cinque miglia.
Sono limitati: Qui credo opportuno di dare le altezze degli Euganei sul livello del mare:
Intorno ai nostri colli, geologicamente considerati, trattarono a lungo molti celebri autori antichi e moderni, nazionali e forestieri; ed a quelli che illuminati da una giudiziosa critica li interrogarono, diedero tali risposte da avvantaggiarne la scienza. L’origine degli Euganei fu soggetto fecondo di studii, d’ipotesi, di contese interminabili; ma nello stato attuale delle cognizioni sembrerebbe non andasse errato chi li credesse d’origine plutonica o pirica. Ne’ tempi antistorici, come eruditamente provò il Filiasi nelle sue Memorie de’ Veneti Primi e Secondi, pare che il mare si stendesse su tutta la pianura circumpadana fino alle falde delle Alpi (primitivamente tutte anch’esse dal mar ricoperte), la qual pianura posteriormente formossi dalle immense alluvioni portate nell’Adriatico dal Po e dagli altri fiumi che sboccano nelle lagune. Diffatti tutto il Polesine, il Padovano ed il basso Friuli non è che un terreno d’alluvione composto di sabbia e di argilla. Nel fondo di questo mare s’erano già formati gli strati dei terreni cretacei e sopracretacei, e le aque non s’erano ancor ritirate quando la trachite, roccia essenzialmente di sollevamento, emerse impetuosa e diede origine ai nostri Euganei. Ed emerse attraverso quelle stratificazioni senza espandersi o colare sopra di esse, ma sollevandole e facendole deviare dall’orizzontale posizione originaria; quindi queste scorgonsi innalzate verso il centro trachitico dei monti, ed appariscono frante , spezzate, interrotte All’emersione di questa roccia devonsi eziandio que’ comignoli di trachite isolati, quelle punte (Sasso Nero d’Arquà) e quell’alternare della calcarea colla trachite come in più luoghi si osserva (Cerèo, Cingolina, Val del Peraro). Dopo la deposizione de’ suddetti terreni e l’emersione della trachite, sembra che alcuni vulcani abbiano agito sulla trachite medesima, modificandola in perlite (M. Menone), ed abbiano prodotto de’ basalti (Catajo), delle lave porose (monte del Donati), dei trappi (Teòlo, Anciesa) e delle vere correnti (Sieva). Egli è a quest’epoca che si potrebbero riferire tutti que’ grandi fenomeni pirici esposti dal Fortis nella sua erudita memoria Intorno la vera situazione delle isole Elettridi degli antichi, e di cui ci resta qualche confusa memoria in quell’essere piuttosto mitico che storico di Faetonte. Questi vulcani non devono ritenersi, secondo il Da Rio, subaquei, bensì terrestri che arsero solo prima della deposizione dei terreni di sedimento superiore , e dei terreni di diluvione e alluvione alpina. La decomposizione delle roccie piriche diede origine a quel deposito di argilla figulina che si trova in alcune valli pedemontane degli Euganei, e che serve alla fabrica della più economica stoviglia: il qual deposito argilloso di lenta, giornaliera e alluviale formazione costituì a’ piedi de’ monti Euganei un suolo limaccioso e palustre che mirabilmente contribuì alla formazione della torba, abbondante nella pianura che si stende a ponente del Canale della Battaglia presso questo paese, e nelle valli di Galzignano e Valsanzibío. Ecco in succinto la storia della formazione originaria e dei successivi cangiamenti subiti dagli Euganei. Secondo il Da Rio, autore della riputatissíma opera sulla Orittologia Euganea, tutte le roccie e le produzioni minerali de’ nostri colli si possono classificare in 7 Ordini, suddivisi questi in più generi e specie. Eccoli :
vedi: Litologia Di tutte queste roccie quella che forma la massa principale degli Euganei è la trachite, detta volgarmente masegna, da non confondersi però col macigno de’ Toscani, dal quale diversifica mineralogicamente e geologicamente. Essa ci si presenta sotto varii aspetti, ma più di frequente sotto quello di porfiritica. Questa costituisce interamente alcuni colli del tutto isolati (Monte Merlo, Montebello, S. Daniele, Monterosso, Montecchia, Monselice) e forma inoltre il nucleo e la cima de’ più alti. Anche ove si trovano le stratificazioni calcaree, o le marne terziarie, ivi pure le sommità de’ monti maggiori sono sempre di trachite; mentre né il terreno cretaceo, né il terziario, che in alcuni luoghi ne ricoprono i fianchi, non giungono mai a ricoprirne le cime, formando tutt’al più qualche basso poggio, come quello della petraia di casa Canal alla Battaglia, quelli di Merendole, Montebuso ed alcuni altri. Di questa roccia hannovi molte cave, ma quelle che più si utilizzano sono le cave di Monte Merlo, di Monselice, di Lispida, di Monte della Zucca. La trachite cipollare di quest’ultimo e la trachite in ammassi colonnari di Monterosso, meritano di essere visitate dai geologi. Per osservare la giacitura della perlite e le sue varietà, si visitino Pendice, Bracalone, Monte Menone, Cataro ec. Chi poi bramasse studiare il trappo e le roccie assolutamente vulcaniche, rechisi al Mulino di Schivanoia, al Monte Sieva, al Monte del Donati, al Cataro ec. Il terreno cretaceo e le marne, che sogliono accompagnarlo, si mostrano particolarmente nei dintorni di Teòlo. Bellissime stratificazioni di calcarea compatta di color rosso carneo, intrammezzate ordinariamente di piròmaco, o pietra focaia, si veggono in Arquà, alle Frassinelle ed altrove. Questa calcarea stratificata porta il nome volgare di scaglia; e le cave di questa, ad uso di farne calce, trovansi particolarmente nel comune di Rovolone, alle Frassinelle, a Montebuso, a Lozzo, ad Albetone ed in molti altri luoghi. I siti poi dove questa calcarea è modificata in marmo, sono i contorni di Galzignano, di Valsanzibio, di Arquà, di Fontanafredda, della costa di Zovon ec. Sullo scorcio del passato secolo, il marchese Orologio annoverava 18 cave di marmo euganeo, a cui se ne possono aggiungere ora delle altre; il qual marmo, bello e buono quanto si vuole, non è però atto agli usi architettonici per non potersene trarre se non mediocri massi senza fessure. Di petrefatti, rinvenibili nelle stratificazioni calcaree, non vanno molto ricchi i nostri colli ; i più per altro s’incontrano in quelli di Vignole e Pianezza presso Teòlo e nelle petraie delle Frassinelle: essi spettano alle Ananchiti, ai Nucleoliti, alle Donaci, agli Ammoniti, alle Terebratule ec.: a questi meritano di essere aggiunti due fossili, appartenenti al genere Crioceras, testé rinvenuti, negli strati della formazione cretacea euganea del colle delle Vignole, dal nostro solerte cultore delle scienze naturali il de Zigno. Quasi a ricordare la loro antica origine pirica, i nostri colli sono abbondantissimi di sorgenti minerali, più o meno calde. Queste zampillano tutte (meno quella di S. Elena) dalla pianura situata a levante e a mezzodì della catena euganea, e propriamente ad Abano, a S. Pietro Montagnone, a Monte-Groto, Monte-Ortone, san Bartolommeo, S. Elena e a Calaone. Il calore di quest’aque varia dal 40° di R.r al 68°; quelle che non oltrepassano il grado 20°, vanno annoverate fra le fredde, e sono le Aque della Vergine a Monte Ortone, le idrosolforose saline di S. Daniele, e le idrosolforose saline della Costa d’Arquà, dette anche Raineriane, perché l’essere ritornate vantaggiosamente in uso medico devesi a S.A.I. il Viceré Rainieri. A poca distanza dal colle di S. Pietro al sud-ovest scaturisce da varie polle l’aqua termale, così detta della Lastra, lodata dai medici de’ circostanti villaggi siccome eccellente rimedio per vincere non poche malattie del sistema glandulare: essa non si adopera. per uso di bagno, ma di bevanda, ed è eguale pe’ suoi componenti alle aque di Monte Irone, da cui non diversifica che nel grado di calore, essendoché quella della Lastra è a 40° e l’altre sono a 68°. Usanzi pure con vantaggio in bevanda le Aque della Vergine a 20°, e quelle di S. Daniele e le Raineriane entrambi a 15° o a 16° del termometro di Réaumur. Come ognuno sa oltre le aque termali v’hanno pure i fanghi termali, e di questi se ne trae buona copia specialmente ad Abano e a S. Elena. Il qual fango termale non è gia un prodotto di spontanei sedimenti, ma è un terreno vegetale, levato dal fondo di alcuni fossi in cui corrono le aque suddette. Quindi è che ogni anno sul declinare di ottobre si estrae dai fossi il predetto terreno, e trasportasi dentro buche più o meno ampie e profonde, chiamate conserve, perché venga compenetrato, ammollito e riscaldato dall’aqua termale. Intorno alle virtù medicinali di quest’aque e di questi fanghi si consulti il Saggio sull’uso medico delle terme padovane del dott. G. Maria Zecchinelli, e l’operetta del dott. P. Fumiani Sull’azione delle Aque e dei Fanghi minerali-termali dei Colli Euganei; dalle quali chiaro apparisce che le diverse nostre sorgenti calde poco o nulla diversificano nella loro azione contro i morbi. Abano, S. Elena o la Battaglia, S. Pietro Montagnon e Monte-Groto possiedono ampii, ben adatti e ben condotti stabilimenti per i bagnanti. Le terme di Calaone, presso Este, sono pochissimo frequentate, perché quello stabilimento è ancora sul nascere: quelle di S. Bartolommeo non consistono che in alcune pozzanghere, in cui i poveri vanno a tuffarsi economicamente. Volendo poi rimanere dentro i brevi limiti che l’indole di questo libro m’impone, credo non mi resti nulla da aggiungere a quanto egregiamente disse più sopra il Co. Andrea Cittadella-Vigodarzere, sia intorno alla storia delle terme aponensi, sia intorno alla causa probabile del calore delle aque e ai principii che le mineralizzano. Chi su questo soggetto bramasse ulteriori nozioni, non ha che a leggere le belle e diligenti Ricerche fisico-chimiche ed analisi delle aque termali euganee del chiarissimo professore Ragazzini. Giuseppe CARRARO
Da: Strenna dei Colli Euganei (1846, a cura degli editori del «Giornale Euganeo» J. Crescini, G. Stefani – ripresa in I Colli Euganei (Bologna 1978, Riedizione anastatica, Atesa Editrice).
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