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PENDICE

Ci cade in acconcio di ornar queste pagine con alcuni brani della descrizione che ne fa il ch. Barbieri indirizzata al sig. Giuseppe Vallardi:
“La rocca di Pendice fra Torreglia e Teolo sorgente, infitta sopra la cresta di un orrido scoglio da una banda tagliato a piombo sur un burrone precipitoso, dall’altra signoreggiante un dirupato pendio, ond’ebbe latinamente il suo nome, levata quasi a cavaliere d’altri monti e d’altre valli circostanti; cotesta rocca per naura e per arte si convien dire che fosse la più inespugnabile com’è certo la più romantica. Di che fanno sicura testimonianza le sue ruine e l’aspetto minaccioso con che da lontano le scabre punte della sua rupe si mostrano a’ riguardanti.
“Or questa rocca di cui vi parlo e tutto il suo monte era feudo antico dell’Apostolico di Padova; ma colla risorta libertà dei Comuni, caduta in basso la tirannia dei feudi rurali, e mozzi gli artigli a que’ signorotti e castellani, Pendice non meno ed altri casseri qua e colà sparsi per la campagna vennero in mano al Comune di Padova, e soggiacquero poscia alle vicende medesime a cui le città della nostra marca. Quindi il conte Pagano mandato a regger in nome del primo Federico la cità di Padova e il suo tenere fortificò novellamente il sasso di Pendice, e nel 1166 vi trasse e richiuse la rapita vergine Speronella; o vero, come altri scrisse e tra questi l’elegantissimo e diligente storico ab. Gennari, vi menò seco, intesa d’amore, quella lubrica donna a goderne in parte sicura, o drudo o marito ch’egli si fosse, i segreti silenzii. Ma quella speranza gli andò fallita. Tornatasi la rocca per la cacciata di quel brutale ministro dell’obedienza de’ Padovani, fu nel tempo della repubblica e appresso tremenda prigione di stato. Perché la rocca di Pendice accolse prigioni Giacomino Papafava ed Albertino suo figliuolo, quegli nipote, e pronipote questi a Giacomo da Carrara. Anche Giacomino VII da Carrara vi fu rinchiuso e vi finì di dolore i suoi giorni. Spenta dai Veneti, e con arti non mi so dire quai più se basse e crudeli, la carrarese dominazione, il forte di Pendice, abbandonato dagli uomini e rotto dagli anni, venne grado grado a mancare; se non che di mezzo a’ suoi ruderi fa mostra ancora dell’antica terribilità”.

A. Cittadella-Vigodarzere Guida di Padova 1842

altre notizie:

La brava Speronella, lasciato Giacomino, si era unita al conte Pagano (ucciso da suo padre Dalesmano), poi a Traversario, Zaussano, poi ancora cinque uomini: penultimo Ezzelino il Monaco da Romano (sembra che non sia riuscito a sposarla) e ultimo Olderico (Alberigo) Fontana da Monselice dal quale ebbe il figlio Jacopo di S. Andrea (sistemato all'Inferno da Dante in quanto sperperatore dei beni materni) e chissà a quanti altri… se non fosse morta.

Alcide Salmaso, I Carraresi in Italia e Ezzelino tiranno di Padova (Conselve 1989)

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Lo strapiombo della Rocca misura m 327.

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