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FRASSINELLE

Raro è abbattersi in una villa, dove sia quell’aggregato di appariscienza, di amenità, di comodi e di eleganze che si trova in Frassinelle. Perciò invitiamo il visitatore de’ nostri monti ad ascendere il colle dolcemente declive, cui sovrasta la magione ospitale dei co. Papafava de’ Carraresi, cavalieri per levatezza d’animo, e per domestiche e per cittadine virtù specchiatissimi: né l’affezione che sente loro chi scrive offende punto in questa lode la verità.
Stanno al basso fabbriche rurali risponenti alla molta ampiezza del podere, e vi si distendono da presso piane e vegete praterie intorniate da piantagioni e intersecate da lunghi filari di pioppi. L’erta è fatta agevole in più maniere: con una via pe’ carri, con una maestosa e diritta scalea, e più dilettosamente con un sentiero praticato entro a fitta selva che ammantella dalle spalle al piede la parte nordiale del poggio; mentre in vece in tutto il rimanente vegetano disposte a banchi e maritate a frassini le viti onuste di uve saporitissime. Il palagio sorge quadrato e superbo sopra un altipiano vicino alla vetta e si profonda nelle viscere del monte con sotterranei scavati nel macigno per arduo e coraggioso lavoro. Dentro ad esso si vede, oltre a tutte le agiatezze convenienti a doviziosa famiglia, quella acconcia partizione di alloggiamenti, quella ricca semplicità, quella parsimonia degli ornamenti, e starei quasi per dire, quel setimento estetico che sono altrettante lodi della’rchitetto. E fu architetto uno de’ due fratelli proprietarii, il co. cav. Alessandro. Intorno a questa signorile dimora si allarga un’aiuola incolorata di fiori e cinta di un parapetto, da cui l’occhio intorno intorno prospetta un teatro di scene svariatissime; perché scorre di monte in monte la catena degli euganei, quella de’ berici e via via fino ai gioghi delle alpi rezie da un lato; e digrada dall’altro al vasto dominio della piaura non impedito ma bellamente intrarrotto da clivi minori, e steso fra mezzo a loro senza ostacolo fino al mare adriatico. Né in Frassinelle la cura di rendere mansuete le chine e profittevoli le folte ombre selvagge si ristette ne’ termini vicini al’abitazione; ma in vece fu protratta ben lunge, e tanto da procurare buon numero e varietà di passeggi a’ meno stancabili camminiatori, porgendo da per tutto nella miglior mostra la bellezza della natura dirozzata sì, ma non mai rimpicciolita e guasta con oltraggiosa temerità dalla mano dell’arte.

A. Cittadella-Vigodarzere Guida di Padova 1842

altre notizie:

Da Montemerlo, continuando la strada verso Fossona (che poi prosegue per Montegalda e Vicenza), sede del Comune di Cervarese S. Croce, poco dopo più di un chilometro pieghiamo a sinistra. Troviamo dapprima sulla sinistra, villa Favini, già Locatelli, già De Lazara, che è un armonioso edificio ricavato da una casa rurale del Seicento, con ampie adiacenze, alla maniera veneziana, e una chiesetta trasformata in foresteria. È ornata di un pittoresco contorno di piante secolari e vasti spazi erbosi, che conducono ad una sopraelevata balaustra, da cui si gode l'ampio scenaro dei colli. Pare che qui abbiano trovato provvisorio asilo i monaci di Rua dopo la soppressione napoleonica.

Subito dopo ecco il bosco di Frassanelle, proprietà dei conti Papafava. Nel parco e nella villa, Antonio Fogazzaro ha ambientato il suo racconto Un'idea di Ermes Torranza pubblicato [1887] nella raccolta di sette novelle Fedele e altri racconti:
“ […] Adesso… sulla collina, il giardino, lasciato pressoché in balìa delle propire passioni, ha sciupato le fredde eleganze, ha preso fra i vigneti blandi degli altri colli, un aspetto selvaggio, vigoroso, che gli sta molto bene in quel seno solitario degli Euganei. Al piano il labirinto fu messo a prato; i tubi dei giuochi d'acqua son tutti guasti; agl'ippocastani, il sior Beneto ha sostituito due filari di gelsi. Voleva abbattere con lo stesso scopo scientifico i pioppi secolari del viale pomposo che mette ad un'umile stradicciola comunale; ma la signorina Bianca li difese con passione e lagrime contro l'acuto argomento di papà: “bezzi, bezzi”. Quando, nell'aprile 1875, Bianca sposò il signor Emilio Squarcina, di Padova chiese ed ebbe in dono dal padre la promessa di lasciare inpace i cari pioppi che l'avevan tante volte veduta correre e saltare, prima del collegio, con le rustiche amiche…”.

Poco sopra, sulle falde del Monte Sereo, la villa Barbarigo, poi Martinengo, dopo Montesi: è una splendida dimora, restaurata e ben tenuta, costruita nel secolo XVII. Verso nord, la facciata comprende tre piani; verso sud, un piano con loggia di carattere cinquecentesco.

Uscendo da Frassanelle, troviamo la provinciale «Scapacchiò”, che viene da Tencarola e Selvazzano e, prendendo a sinistra arriviamo a Bastia dove sono gli uffici comunali di Rovolon. Bastia è così chiamata da una bastita della repubblica padovana che vi sorgeva a guardia dei vicentini, e che fu rovinata nel 1312 dagli Scaligeri. La chiesa fu rifatta dopo il 1756 nel quale anno un turbine d'agosto abbatté la preesistente. Ma anche questa è stata, di recente, abbattuta. Per far largo alla piazza, ne è stata costruita una nuova, più grande, in posizione arretrata. Una volta esisteva, qui vicino, il bosco di Carpenedo.
Da Bastia si sale a Rovolon, tra ville, vigneti e ciliegi per una bella strada, completamente rinnovata, con ampie curve e tornanti, e panorami sempre più vasti, sulla pianura tra Euganei e Berici e verso le Prealpi e le Alpi. Prima di arrivare a Rovolon, la via passa sotto il poggio della Costa dove si innalza villa Ottavia, oggi della famiglia del giornalista Silvio Negro, eretta dai monaci di S. Giustina, che acquistarono il sito nel 1441. È una grande casa con loggetta al secondo piano e un portico di sette archi di lato alla villa e una colombaia. Vi soggiornò il Barbarigo.

Callegari, AdolfoGuida dei Colli Euganei (1931- 1963, 1973)

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