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ARQUÀ PETRARCA
Continuando
la via postale fino al ponte di Rivella e camminando al di là di
questo ponte due miglia di strada piana e poi un miglio di erta in riva
ad un lago, piccolo sì ma piacevole e fra mezzo agli euganei, perché
poveri dacque, più grato, si giunge alla casa in cui abitò,
in cui morì il Petrarca e alla tomba
che ne chiude le ceneri.
La casa fabbricolla egli medesimo, come prova una sua lettera al fratello
Gherardo monaco nella Certosa di Montrieu.
Si fa manifesto a chi ben vi osservi, che non la fu religiosamente mantenuta
quale era quando ospitava il grande uomo. I vestigi di finestre turate
ed altri indicii di non antiche alterazioni dimostrano questa spiacevole
verità. La sedia della quale si crede usasse quegli
Per cui Laura ebbe in terra onor celesti:
la gatta impagliata gloriosa di una celebrità non conceduta a nessun
altro animale della sua specie, e i carmi quivi scritti da qualche poeta
e da molti verseggiatori intratterranno il visitatore di questa casetta
che accolse
Quel grande alla cui fama è angusto il mondo.
Ricorderemo al lettore come il Petrarca reduce
di Roma si ritraesse in Arquà nellanno 1370 per risarcire
il corpo infralito e pascere quietamente lo spirito collo studio e colla
preghiera. Lamicizia a Francesco
da Carrara tolselo per pochi giorni dalla campestre dimora
e lo condusse nel 1373 a Venezia per riconciliare quella possente repubblica
col signore di Padova. Lieto di un fausto risultamento, egli tornava tosto
in Arquà, dove finì la vita glorificata dallamore,
dalla scienza e dalla carità di patria, nel giorno 18 luglio del
1374. Gli onori funebri resi dal principe carrarese allamico furono
pari alla potenza di quello, alla grandezza di questo.
Il sepolcro che ne serra le spoglie mortali lo fece erigere Francesco
da Brossano genero di lui, e la iscrizione che vi si legge, dettolla
il Petrarca stesso.
Osservata con avida curiosità la casa e con affetto rispettoso
la tomba, il forestiere non lasci di concedere uno guardo alla cisterna
murata per cura del Petrarca, che vi fece confluire a vantaggio de
paesani le acque prima sperdute in disseparati rigagnoli. Poi entri la
chiesa e ci noti un dipinto di Jacopo Palma,
un altro creduto del Calari non che il tabernacolo
composto da marmi euganei. E se angustia di tempo nol pressa, passeggi
i clivi circostanti o il margine del laghetto vicino; e troverà
nella pittoresca bellezza de luoghi il perché scegliesseli
a porto della stanca vecchiezza quel poeta chebbe tanto isquisito
e possente il sentimento del bello. Ponghiamo fine a questi rapidi cenni
sopra Arquà colle parole del Foscolo,
il quale dice nelle lettere di Jacopo Ortis, che veniva a questo sito
come se fosse andato a prostrarsi sulle sepolture de suoi
padri, e simile a que sacerdoti che taciti e reverenti si aggirano
pe boschi abitati daglIddii.
A distanza brevissima dalla via per Arquà scaturisce perennemente
da una specie di tofo calcare unacqua limpida che dà forte odore
di gas idro-solforico e sapore saligno, mantenendo a tutte stagioni un
calore costantemente eguale misurato 15 in 16 gradi del termometro Reaumur.
Fino al 1827 codesta scaturigine solforosa rimase non al tutto ignota,
ma sì per altro affatto negletta. La medicina che lascrisse nel
novero dei farmachi più sicuri, e i molti malati che per essa ristorarono
la salute hanno debito di gratitudine allarciduca Rainieri
Vicerè del regno Lombardo-Veneto, il quale traevala a detta epoca
da unoscurità inosservata. Né ciò avvenne a caso.
Quella dottrina nelle scienze naturali che orna, come tutti sanno, lintelletto
di questo Principe, lo fermò a codesta sorgente e lo indusse a
giudicare che se ne dovesse far conto. Perché si operarono tosto
colà dai solleciti proprietarii sigg. Trieste
ripari opportuni, e il cel. prof. Girolamo Melandri
ottenne sopra mille centimetri equivalenti al peso di danari 1001 lanalisi
che segue:
|
A
vol.
Centim.
|
A
peso
Danari
|
Gas
idrogeno solforato
Gas
acido carbonico
Cloruro
di sodio
......
" .. di potassio
......
" .. di magnesio secco
......
" .. di calcio secco
Solfato
di calce
......
" .. di magnesia
Carbonato
di magnesia
......
" .. di calce con
tracce di magnesia
Silice
Ossido
di ferro tracce nella silice
Materia estrattiva organica
atomi nel cloruro di sodio
Somma
Acqua
pura
Somma
|
10,6
48,5
|
0000,0164
0000,0646
0000,6600
0000,0360
0000,0540
0000,0110
0000,0320
0000,0100
0000,0040
0000,3115
0000,0515
________________
1,2510
999,7490
________________
1001,0000
|
Dietro codesta
chimica notizia questacqua, che a cagione del serenissimo Principe scopritore
porta lappellativo di Raineriana, si adoperò da medici con effetto
in molti morbi. In quali e come, esponevano il dott. Gio. Maria Zecchinelli
in un opuscolo stampato a Padova nel 1830.
Anche dal fondo del lago di Arquà spicciano alcune polle di acqua
solforosa, che sinalzano fino alla superficie, indicate dallo svolgimento
di bolle gasose. Taluno accolse il sospetto che fossero termali, opinione
contraddetta dal dottissimo prof. T.A. Catullo nella sua Geognosia delle
province venete; opera che offre notizie complete di tutte le fonti medicinali
dei nostri monti.
Fra Arquà e Monselice levasi Montericco, prima appellato riccio
per labbondanza de castagni. Vi rimangono sopra le basi ed i frantumi
di un gran torrione, in cui narrano i cronisti abitasse un principe Sarpedone
a tempi non istorici.
[A.
Cittadella-Vigodarzere
Guida di Padova 1842]
altre notizie:
La casa del
Petrarca è di proprietà del Comune di Padova, per donazione
dal cardinale Pietro Silvestri, ultimo dei
molti proprietari privati susseguitisi nel tempo, dal patrizio veneziano
Federico Giustiniano (1454) al Valdezocco
(1552), dai Barbarigo ai Gabrielli.
L'atto di donazione venne redatto dal notaio Berti
il 31 luglio 1875.
Il canonico Tailetti rappresentava il cardinale,
il sindaco comm. Piccoli il Comune di Padova,
testi il prefetto della provincia comm. Bruni e
il senatore conte Giovanni Cittadella. Il
Consiglio comunale aveva deliberato di accettare, con riconoscenza, il
dono, nella seduta del 30 giugno 1875. Il Comune di Padova veniva tenuto
a mantenere e conservare sempre in buono stato le cose donate e a non
permettere mai a chi che sia di prendere stanza nei due piani che costituiscono
la Casa. Se il Comune venisse meno agli obblighi assunti, verrebbe dichiarato
decaduto, e, in tal caso, il nobile donante intende e vuole che
in luogo del Comune subentri l'Università di Padova coi medesimi
diritti ed obblighi.
Collocata
a riposo, dopo aver custodito la casa per 44 anni,la signorina Maria
Trentin, il 2 giugno 1957, fu nominata cavaliere al merito
della Repubblica».
Callegari,
Adolfo
– Guida dei Colli Euganei (1931- 1963, 1973)
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Francesco
Petrarca visse in questa casa dal 1370 al 18 (19) luglio
1374, data della sua morte.
Avutala probabilmente dai Carraresi,
che nel 1349 lo avevano nominato canonico di Padova, fece riorganizzare
il piano nobile della casa padronale, inserendo nelle finestre perimetrali
alcune finestre gotiche, simili a quelle della casa in cui aveva abitato
a Venezia in Riva degli Schiavoni. Fece poi decorare le pareti e soffitti
di legno con affreschi soprattutto floreali.
Amandola profondamente, nelle sue ultime volontà aveva chiesto
che non fosse venduta prima di vent'anni. Ne passarono però ottanta
e da quel momento la casa passò da un proprietario all'altro
subendo trasformazioni che ne alterarono l'aspetto trecentesco.
All'inizio una loggia venne posta davanti alla trifora del vano mediano.
In seguito, nel 1677, la trifora e le finestre gotiche vennero sostituite
da finestre rettangolari. L'ultimo intervento fu nel 1907 quando il
Comune di Padova, ultimo proprietario, fece ricostruire la trifora.
[Sunto da:
Annie Sacerdoti Le Ville Venete
Istituto Regionale per le Ville Venete Marsilio]
Passaggi
di possesso
1370,
4 aprile,
il testamento assegna come principale erede il genero Francescuolo
da Brossano (solo in quanto acquistata dal poeta, e non donata
dai Carraresi, la casa restò indenne dopo il sopravvento dei veneziani)
- 1374-1454:
da Francescuolo di Brossano ed eredi a Federico
Giustinian
1454-1546:
da Giustinian ai monaci di San Giorgio Maggiore
di Venezia. In questo periodo è data in enfiteusi al padovano Battista
da Bigolino ed eredi (1470-1518); in affitto a Giovanni
Pietro q. ser Pasqualino (1522-1525);
in affitto a Bartolomeo Speroni q. Bernardino
(1543-1545)
1546-1556:
dai monaci di San Giorgio Maggiore al padovano Paolo
Valdezocco
1556-1603:
da Paolo Valdezocco ad Andrea
Barbarigo e quindi a Francesco Zen
1603-1677:
da Francesco Zen a Girolamo
Gabrieli
1677-1693:
da Girolamo Gabrieli a Giov.
Antonio e Angelo Cassicci
1693:
è riacquistata dalla famigla Gabrieli
1700:
perviene alla famiglia Dottori per matrimonio
di Alessandro con Fiordispina
Gabrieli
1803:
è lasciata in eredità da Pietro Dottori
Sanson alle figlie Antonia (moglie
di Carlo Silvestri) ed Elena,
moglie di Giuseppe Bernardo
1875 (31 luglio):
è data in dono (per contratto notarile di Gius.
Antonio Berti) al Comune di Padova da parte del rodigino cardinale
Pietro Silvestri, deceduto a Roma il 19 novembre
1875.
[Da: Bellinati
C., Fontana L., Arquà e
la casa di Francesco Petrarca, Padova 1988, Gregoriana]
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