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N. da Rio Guida di Padova 1842

GEOLOGIA

I monti euganei sono per la maggior parte compresi nel distretto di Teolo. Essi stanno a sud-ovest di Padova, da sette in otto miglia di distanza dalla città. Essi formano si può dire, una massa isolata e sono limitati a greco dalle campagne d’Abano, a scilocco dal canale della Battaglia, ad ostro dal canale d’Este, a ponente dal canale Bisatto che però taglia fuori Lovertino ed Albetone, e finalmente a tramontana da uno scolo detto la Fossona: la loro periferia è circa 64.200 metri o sia miglia geografiche 34,67, e la loro area metri quadrati 76 circa.
La maggior altezza è quella del Venda, ch’è il punto centrale della maggior catena euganea, e la di cui elevazione è di tese 296 sopra il livello del mare o sia metri 577,20.
La cima del Venda è a gradi 29° 21’ 43" di long. dall’Isola del Ferro, e gradi 45° 18’ 44" di lat. boreale secondo la triangolazione del Generale Zach, sicché differisce dalla posizione dell’osservatorio di Padova di gradi 0° 11’ 47" in long., e gradi 0° 5’ 18" in lat..
La roccia che costituisce la massa principale del gruppo de’ monti euganei, è quella roccia che i geologi distinguono col nome di trachite, e quantunque questa vi si presenti sotto varii aspetti, il più frequente è quello di trachite porfiritica. Presso noi porta il nome volgare di masegna, che però non è da confondersi col macigno de’ Toscani, il quale benché somigli nel nome, pure assai diversifica nella sostanza e nell’origine.
La trachite porfiritica costituisce negli euganei alcuni monti del tutto isolati e forma in oltre il nucleo e la cima de’ più alti. Anche ove si trovano le stratificazioni calcarie, che si riferiscono al terreno della creta, come particolarmente nei comuni di Teolo e di Arquà, o le deposizioni ancora meno abbondanti delle marne terziarie, ivi pure le sommità dei monti maggiori sono sempre di trachite, mentre né il terreno della creta, né il terziario che in alcuni luoghi ne ricoprono i fianchi, non giungono mai a ricoprirne le cime, non formando tutto al più che qualche basso poggio come quello della petraia di Casa Canal alla Battaglia, quelli di Merendole e Monte Buso sulla via da Monselice ad Este ed alcuni altri [vedi l’Orittologia euganea di Nicolò da Rio].
Non essendo oggetto d’una Guida le minute particolarità e molto meno le geologiche discussioni, ci contenteremo d’indicare a que’ scienziati mineralogi che volessero visitare i monti nostri, que’ punti che maggiormente potessero interessarli, lasciando che ne traggano poi quelle conseguenze che meglio si confacessero colle loro opinioni.
Per osservare la posizione della trachite: le cave di Monselice, di Monte Merlo, del Monte della Zucca, di Lispida; i ciglioni di Venda, di Baiamonte, ec.
Per osservare la posizione della perlite e le sue varietà: Pendice, Brecalone, Monte Menone, Cataio, ec.
Per osservare il basalte, il trappo e le roccie decisamente vulcaniche: il mulino di Schivanoia, Monte Sieva, Monte del Donati, Cataio, ec.
Il terreno della creta e le marne che sogliono accompagnarlo si mostrano particolarmente nei contorni di Teolo; bellissime stratificazioni di calcaria compatta di color rosso carnicino intrammezzate di focaia, come d’ordinario, si veggono in Arquà, alle Frassinelle ed altrove. Questa calcaria stratificata porta il nome volgare di scaglia già introdotto anche ne’ libri di mineralogia; le cave di questa scaglia ad uso di farne calce sono particolarmente nel comune di Rovolone, alle Frassinelle, a Monte Buso, a Lozzo e in molti altri luoghi.
I siti dove questa calcaria è modificata in marmo, sono i contorni di Galzignano, di Valsanzibio, di Arquà, di Fontanafredda, della costa di Zovon, ec.
I luoghi dove si può sperare di rinvenire qualche petrefatto, sempre raro nella calcaria euganea, sono le così dette vignole e le pianezze di Teolo; anche le petraie delle Frassinelle somministrano qualche nucleotite.
Il suolo adiacente ai monti euganei alla plaga dell’est-sud-est conterminante col canale della Battaglia è torboso; uno strato di fertile terriccio che ricopre la torba lo rende a bastanza fecondo negli anni asciutti, e il caro prezzo che annualmente s’accresce della legna da fuoco ha consigliato in quest’ultimi tempi di fare alcuni tentativi per trarre profitto dalla torba scavandola dai siti bassi di que’ campi, più soggetti alla inondazione, e quindi d’incerto raccolto. Su questa torbiera è da consultarsi da chi ne brama più particolarizzate cognizioni la Memoria dell’ab. Fortis Della torba che trovasi a piè de’ monti euganei [Venezia, Stamperia Palese 1795, in 8°], e l’Orittologia euganea del da Rio. Esistono poi altre due Memorie manoscritte, una del da Rio dove si tratta anche sotto viste economiche quest’argomento, letta all’Accademia di Padova li 23 aprile 1841; e l’altra del prof. Catullo letta all’Istituto nello scorso inverno, in cui si rende conto d’alcuni denti e d’altri resti di mammali ritrovati nella torbiera suindicata.
Per compiere brevemente quanto spetta ai monti euganei, soggiungeremo qualche cenno intorno le sorgenti d’acque termali più o meno calde che si trovano in essi.
Otto sono le principali degne di essere annoverate, cioè Abano, Montegrotto, S. Pietro Montagnone, Monte Ortone, S. Elena, S. Bartolomeo, la costa d’Arquà, Calaona. Quest’acque sorgono dai lati orientale e meridionale degli euganei, e zampillano nelle pianure a quelle plaghe adiacenti. Le più rinomate sono quelle d’Abano, perché sono appunto le più copiose, le più calde e le più celebrate anche dagli antichi, che forse sotto il nome di aquae aponenses intendevano pur anche quelle di S. Elena e di Montegrotto. A cagione del sal marino che si contiene in quell’acque, nel suolo dove sorgono, si trovano alcune piante che sono proprie dei litorali marittimi.

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N. da Rio Guida di Padova 1842

 
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